La Cassazione dopo la celoebre sentenza delle Sezioni Unite del 11/11/2008 n. 26972, è tornata a dichiarare la piena autonomia del danno moreale rispetto al danno biolgico all’interno della liquidazione del danno non patrimoniale patito dal danneggiato.
Si riportano qui di seguito le motivazioni di questa importante pronuncia della Suprema Corte, che di certo riarirà il tema del ricnoscimento del danno morale.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 8 febbraio – 10 marzo 2010, n. 5770
(Presidente Varrone – Relatore Filadoro)
Svolgimento del processo
Con sentenza 28 febbraio – 8 marzo 2005 la Corte d’appello di Napoli accoglieva in parte l’appello di C. I., A., L., A. P., rispettivamente vedova e figli del pedone G. P., deceduto a seguito di incidente stradale dell’****, condannando proprietaria, conducente e compagnia assicuratrice del veicolo investitore al risarcimento di una ulteriore somma di lire 50.000.000 e, rispettivamente, di lire 30.000.000 ciascuno (oltre quanto già riconosciuto dal primo giudice a titolo di risarcimento dei danni).
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione gli originari attori con due distinti motivi.
Gli intimati non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione di norme di legge (artt. 112, 132 c.p.c., in relazione all’art. 118 disp. att. c.p.c., ed all’art. 111 Costituzione), e vizi della motivazione, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.
Non era dato comprendere quale fosse il contenuto da attribuire alla decisione impugnata, la quale si era limitata a liquidare l’ulteriore risarcimento del danno morale degli originari attori, senza spiegare se tale liquidazione dovesse – o meno – aggiungersi alla somma già riconosciuta dal primo giudice allo stesso titolo.
La liquidazione del danno morale non poteva che essere complessiva (e non solo per differenza in eccesso). In questo senso, del resto, erano formulate le conclusioni formulate dagli appellanti.
Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione di norme di legge (artt. 1 delle preleggi al codice civile, 112, 113, 114, 115, 116 e 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., artt. 24 e 111 Costituzione nonché artt. 1226 e 2056 c.c.) e vizi della motivazione, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.
La motivazione della sentenza di appello, sul punto relativo alla quantificazione del danno morale degli attori, era da ritenere del tutto apparente.
Il riferimento alle tabelle di liquidazione del danno biologico era del tutto legittimo, così come legittimo doveva considerarsi il ricorso del giudice di merito alla equità correttiva o integrativa.
Del tutto immotivata, tuttavia, era la decisione di rapportare la liquidazione del danno non patrimoniale ad una frazione del complessivo danno biologico del morto, senza alcuna indicazione del concreto valore matematico prescelto, ai fini della liquidazione.
Osserva il Collegio: i due motivi devono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi tra di loro.
Essi sono infondati.
Con motivazione adeguata, che sfugge a qualsiasi censura in questa sede di legittimità, i giudici di appello hanno provveduto a liquidare nuovamente il danno morale (inteso come danno non patrimoniale, secondo le indicazioni delle Sezioni Unite di questa Corte n. 26972 del 2008) conseguente all’incidente stradale.
È di tutta evidenza che la nuova liquidazione del danno non patrimoniale si aggiunge a quella già operata dal primo giudice, per lo stesso titolo (donde la infondatezza del primo motivo).
Nella liquidazione del danno morale, provocato dalla morte di un prossimo congiunto, il giudice di merito deve procedere con valutazione equitativa, tenendo conto delle perdite affettive e della compromissione dell’integrità familiare (Cass. 28407 del 2008).
Nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante da fatto illecito il giudice di merito deve, in ogni caso, tener conto delle effettive sofferenze patite dall’offeso, della gravità dell’illecito di rilievo penale e di tutti gli elementi della fattispecie concreta, in modo da rendere la somma liquidata adeguata al particolare caso concreto ed evitare che la stessa rappresenti un simulacro di risarcimento.
In tal modo ha proceduto la Corte territoriale, la quale ha opportunamente differenziato la posizione della vedova del P. da quella dei figli, tenendo conto della posizione di ciascuno, dell’età del defunto e di quella dei superstiti.
Per quanto riguarda la mancata indicazione del valore matematico prescelto dalla Corte territoriale, al fine della liquidazione del danno non patrimoniale, è appena il caso di ricordare che nella quantificazione del danno morale la valutazione di tale voce di danno, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona ovvero all’integrità morale, quale massima espressione della dignità umana, desumibile dall’art. 2 della Costituzione in relazione all’art. 1 della Carta di Nizza, contenuta nel Trattato di Lisbona, ratificato dall’Italia con legge 2 agosto 2008 n. 190, deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della concreta gravità del fatto, senza che possa quantificarsi il valore dell’integrità morale come una quota minore proporzionale al danno alla salute, dovendo dunque escludersi la adozione di meccanismi semplificativi di liquidazione di tipo automatico.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.
Nessuna pronuncia in ordine alle spese, non avendo gli intimati svolto difese in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Nulla per le spese del presente giudizio.
Fonte (www.altalex.com)